Un effetto connaturato all’applicazione delle tecnologie attraverso le quali si strutturano i servizi di una moderna città, è l’incessante produzione di dati. Sono le tracce digitali che lasciamo, ad esempio, ogni volta che acquistiamo un bene o un servizio con una carta di credito o che entriamo nell’area controllata da una telecamera di sorveglianza.

L’analisi di questo tipo di dati è sempre più importante per le città, in quanto rappresenta uno strumento in grado di fornire informazioni oggettive sulle abitudini e, in generale, sui comportamenti delle persone che vivono o che arrivano in città come visitatori. In altri termini,  attraverso l’analisi dei dati è possibile avere un idea dei loro profili, ovvero di quel complesso di conoscenze, competenze, desideri, esigenze e aspettative che caratterizza ognuno di noi.

L’analisi dei dati è importante per supportare le città nel miglioramento continuo dei servizi pubblici e della sicurezza delle persone, nella pianificazione di eventi e mostre, e per favorire lo sviluppo delle imprese locali.

Dal punto di vista dell’analisi statistica, possiamo dire che quasi tutte le azioni compiute quotidianamente sono significative: la scelta di utilizzare un particolare servizio pubblico, ad esempio un certo mezzo pubblico, o di entrare in un museo o in una particolare mostra, soffermandosi per un tempo più o meno lungo davanti ad un’opera piuttosto che un’altra, oppure privilegiando alcuni luoghi particolari nel percorso urbano.

Tuttavia, la maggior parte di queste azioni non lascia alcuna traccia digitale e sfugge quindi ad ogni possibilità di analisi.

I motivi per cui normalmente l’acquisizione e l’analisi dei dati non si spinge oltre un certo limite sono molteplici. Il punto fondamentale è il limite è fissato dal doveroso rispetto della sfera personale di ogni individuo. Sappiamo infatti che le normative vigenti in materia di privacy pongono una barriera invalicabile, definendo vincoli stringenti e sanzionando severamente il possesso ed il trattamento indiscriminato di dati personali.  

La domanda allora potrebbe essere: come superate queste barriere senza infrangere il doveroso diritto alla riservatezza delle persone? Per rispondere a questo quesito, Espereal ha sviluppato un concetto originale, che ha chiamato. “Identità Digitale Anonima”, su cui si basa la possibilità di raccogliere dati sui comportamenti delle persone che non comprendono, in nessun momento, informazioni sensibili, anagrafiche o comunque rilevanti ai fini della privacy.

A partire da quest’unico elemento digitale è possibile sviluppare un intero sistema, standardizzato e scalabile, interoperabile ed integrato con quelli dei partner coinvolti, garantendo l’accesso in totale sicurezza a servizi locali, in modo olistico e senza soluzione di continuità, nel rispetto assoluto della privacy e del diritto alla riservatezza.

La sola persona che può accedere in mondo non anonimo ai dati che lo riguardano, è colui che, più o meno consapevolmente, questi dati li ha generati.

“Dal Big Tech (le grandi aziende delle Silicon Valley) al Democratic Tech”.  Ci dice Francesca Bria, candidata a diventare la presidente del Fondo Nazionale Innovazione, che con circa due miliardi di euro per le startup sarà nel 2020 il più importante strumento di venture capital per sostenere l’innovazione e il talento Ovvero, una società in cui il controllo dei dati personali torni nelle mani dei cittadini. Potremmo dire, semplificando, la sovranità digitale delle persone contrapposta all’egemonia di Facebook e Google.

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